Cass., Sez. I Civ., 13 aprile 2022, n. 11962
Massima
Gli arbitri non sono equiparabili in via assoluta, ai fini del compenso loro spettante, agli esercenti la professione legale. Che i primi talvolta, come nella specie, siano anche avvocati è irrilevante perché diversa è, nelle due ipotesi, l'attività rispettivamente svolta e l'abilitazione all'esercizio della professione forense non opera come criterio di unificazione dei compensi e di automatica trasposizione agli arbitri dei compensi spettanti ai menzionati professionisti. Infatti è intuitiva la diversità di ruoli (e delle corrispondenti attività svolte) tra l'avvocato che assiste la parte in una
procedura arbitrale (rituale o irrituale) e l'esercente la professione forense che, invece, come arbitro unico, oppure come presidente o anche solo componente di un collegio arbitrale, decida la controversia oggetto di quella procedura. Non è possibile, dunque, con riguardo a questa seconda fattispecie, una totale e meccanica applicazione dei parametri per la liquidazione dei compensi per la professione forense proprio per la non assoluta equiparazione della funzione arbitrale a quella dell'esercente la professione legale in relazione alla peculiarità dell'opera svolta, nei due casi, dai due soggetti in questione.
Note Metodologiche
standard