Cass., SS.UU., 26 ottobre 2020, n. 23418
Massima
In ragione della natura giurisdizionale dell’arbitrato rituale, rimane valido, a maggior ragione, il principio, risalente al tempo in cui si riteneva che l’arbitrato avesse natura privatistica, secondo cui il giudice dell’impugnazione del lodo arbitrale è tenuto, anche d’ufficio, ad esaminare e decidere la questione di giurisdizione che venga in rilievo a fronte di una lite compromessa in arbitri.
In tema di concessioni di pubblici servizi, le controversie relative alla fase esecutiva del rapporto successiva all’aggiudicazione sono devolute alla giurisdizione del giudice ordinario – riguardante le indennità, i canoni e altri corrispettivi -, al quale spetta di giudicare sulle questioni inerenti all’adempimento e/o all’inadempimento della concessione (e sui relativi effetti e conseguenze, anche di natura risarcitoria) con indagine diretta alla determinazione dei diritti e degli obblighi dell’amministrazione e del concessionario, nonché di valutare, in via incidentale, la legittimità degli atti amministrativi incidenti sulla determinazione del corrispettivo; resta ferma, invece, la giurisdizione del giudice amministrativo nei casi in cui non si verta nell’ambito di un rapporto paritetico tra le parti, ossia allorquando l’amministrazione, sia pure successivamente all’aggiudicazione definitiva, intervenga con atti autoritativi incidenti direttamente sulla procedura di affidamento, mediante esercizio del potere di annullamento d’ufficio o di eventuali altri poteri riconosciuti dalla legge, o comunque adotti atti autoritativi in un procedimento amministrativo disciplinato dalla legge n. 241 del 1990, oltre che nei casi tassativamente previsti. Ne consegue che le controversie appartenenti alla giurisdizione del giudice ordinario possono essere compromesse in arbitrato rituale.
Note Metodologiche
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